La profonda riforma dell’Unione Europea per poter operare da stato nazionale federale come sono le grandi potenze concorrenti:USA, Cina, Russia, India

Premessa
Nel documento intitolato “Globalizzazione ed Unione Europea” si è già posto in luce che la Visione del Futuro del nostro Paese non può non riguardare anche la necessaria efficacia ed efficienza dell’Unione Europea, che è indispensabile per l’Italia, perché questa non può competere da sola con i colossi dello sviluppo economico mondiale uscendo dall’Unione Europea. Se però il baricentro di questo sviluppo si è sempre più trasferito sull’asse Estremo Oriente-Stati Uniti a svantaggio dell’Europa è anche perché l’Unione Europea ha commesso molti errori che è necessario correggere, a cominciare dalla regola insostenibile secondo cui moltissime decisioni importanti richiedono l’unanimità, cosicché basta un solo Paese per tenere in scacco tutti gli altri.
La Visione del Futuro del nostro Paese deve quindi includere la correzione di questi errori, affinché l’Unione Europea diventi efficace ed efficiente.

Problemi culturali
Per impostare un serio lavoro di correzione degli errori dell’Europa attuale e rilanciarne con forza la centralità, facendola diventare un vero Stato nazione federale capace di competere con successo con gli altri grandi Stati-nazione contemporanei, Stati Uniti, Cina, India e Russia, occorre anzitutto comprendere le radici culturali di questi errori, indicando che cosa fare per raddrizzarle anche se il compito è difficile e può richiedere anni o decenni per realizzarsi.
Nei primi due decenni del terzo millennio sono infatti avvenute delle trasformazioni economico politiche e culturali gigantesche, radicali: il crollo del sistema bipolare e la formazione di un mercato mondiale sostanzialmente unico del lavoro, del capitale e delle merci si sono accompagnati all’esplosione di Internet, che ha creato uguaglianza, ma anche concentrazione di potere. Con Internet si è creata una possibilità inimmaginabile prima, di cui hanno però alcuni soggetti hanno saputo approfittare per creare delle enormi concentrazioni di potere finanziario, di influenza, di gusto, di capacità, di pressione politica.
Sempre con la globalizzazione economica qualcosa di simile è accaduto anche alle singole unità nazionali, formalmente tutte eguali, ma in realtà totalmente diverse come reddito, tenore di vita e potere: in questo periodo infatti è avvenuta una nuova concentrazione di potere, dato che si sono consolidate poche enormi nazioni che sono diventate da sole i nuovi protagonisti della geopolitica: gli USA, la Russia, la Cina, l’India, comunità politiche cementate dalla storia, spesso da una lingua comune, sempre da una lunga tradizione culturale. Queste caratteristiche erano ben note per gli USA e la Russia, ma sono risorte come nazioni anche la Cina, dopo un secolo e mezzo di convulsioni e la svolta capitalista di Deng Tsiao Ping, e l’India, dove dopo il 1980 si sono affermati movimenti di tipo occidentale, come quello induista radicale Hindutva attualmente al potere, che vuole l’unificazione nazionale dell’India rifacendosi alle sue radici e tradizioni induiste.
Internet e la globalizzazione hanno però influito in modo ancora più radicale sul modo di comunicare e soprattutto di argomentare in modo logico e strutturato le proprie tesi, vanificando il primato della parola e del concetto che avevano sempre caratterizzato la lotta politica e portando al potere nuove élite che sanno manovrare il web e manipolare le informazioni irrazionali per creare consenso su pure promesse senza fondamento e adorazione attorno ad un capo: essi hanno tutti qualcosa in comune, il disprezzo per le istituzioni e per le regole, anche sociali. Tutto ciò che interessa loro è la conquista del potere con qualsiasi mezzo, cosa relativamente facile con una popolazione che diventa illetterata e totalmente manovrabile con immagini, impulsi emotivi, paure, minacce e promesse illusorie, che essa accetta acriticamente perché non ha più gli anticorpi culturali con cui difendersene.
Questa distruzione del logos, cioè della riflessione razionale, dell’argomentazione razionale e infine della dimostrazione razionale in tutti i campi, che hanno caratterizzato la civiltà europea, sboccando nella scienza moderna e nella grande filosofia europea, hanno portato a un mondo nel quale la gente raccoglie poche sommarie informazione guardando al cellulare i notiziari o le ricava dall’orgia di chiacchiere dei talk show dove circola tutto e il contrario di tutto, allargando a dismisura quella che Annah Arendt chiamava nei suoi libri (si vedano in particolare L’origine del totalitarismo e Vita activa) la “plebe”, una massa passiva e ignorante che va distinta dal “popolo “ che sa autogovernarsi.
La conseguenza ultima è la creazione di una abissale distanza fra i reali detentori del potere, da cui deriva un diffuso sentimento di disagio, di pericolo, la perdita di fiducia nel futuro di persone sbandate che percepiscono al di sopra di sé un potere di cui non sanno e non capiscono nulla. 

Problemi politici e giuridici
Questo insieme di fattori ha provocato in tutto il mondo e soprattutto in alcuni paesi sviluppati uno stato di rivolta contro le élite, sul quale si sono innestati i movimenti populisti e sovranisti: per i primi non è più il politico esperto che opera per il bene comune su mandato degli elettori, ma è solo un delegato provvisorio che agisce sulla base delle loro richieste, segue le loro fantasie, portando alla concentrazione di potere attorno a leaders demagoghi, che promettono ciò che non possono mantenere e spesso non sanno nulla degli effetti socioeconomici a lungo termine delle loro decisioni; per i secondi la risposta politica al senso di impotenza che ha colpito molte classi sociali travolte dagli sconvolgimenti prodotti dalla globalizzazione è quella di dare tutto il potere allo Stato nazionale, in una nuova versione del nazionalismo statalista che ha avuto la sua massima espansione nel XX secolo, senza rendersi conto della fragilità del potere statale delle piccole nazioni, che non sono in grado di resistere alle pressioni e alle lusinghe delle grandi potenze e di difendersi dai grandi monopoli sovranazionali che manipolano personalmente ogni singolo cittadino a qualunque stato nazione appartenga.
Ben diversa è invece la situazione di grandi nazioni ed in particolare di quattro che o sono o si avviano a diventare delle superpotenze, appunto gli USA, la Russia, la Cina e l’India. L’Europa si troverebbe al loro livello se fosse diventata anch’essa uno stato nazione. Cosa che però non è avvenuta. L’Europa resta un conglomerato di Stati con un parlamento che non può pienamente legiferare, un Consiglio inchiodato dal diritto di veto e un governo molto burocratizzato. Non è una comunità con identità storica, non ha confini comuni, non possiede un governo, un esercito, un sistema legislativo e fiscale unitario. Non è uno Stato Nazione e sarà perciò sempre infiltrato, diviso da forze esterne.
Se vogliamo sopravvivere, non farci frantumare ed impoverire dobbiamo dunque avere il coraggio di concepire un progetto a lungo termine, una meta che, una volta realizzata, ci dia strumenti per affrontare i problemi problema che ci sta schiacciando. L’Europa deve diventare anch’essa un unico Stato Nazione Federale e assumere lo stato di grande potenza. Il processo di costruzione sarà difficilissimo ma il punto di partenza è la formazione di un gruppo strategico che stimola e promuove con ogni mezzo la creazione di uno Stato federale europeo molto leggero ma autorevole, articolato in Stati federali nazionali a loro volta regionalizzati in modo che rispettino le lingue, le tradizioni, la mentalità e i bisogni di ogni singolo paese. 

Alcune indicazioni operative
La strada maestra per il ringiovanimento dell’Europa è puntare sul Parlamento, l’unico organo eletto dal popolo e che ora ha poteri molti limitati: è necessario avviare una nuova stagione costituente, che configuri con un vincolo costituzionale a lungo termine un nuovo equilibrio di poteri tra Parlamento, Consiglio e Commissione, in cui il primo assume i poteri di un vero e proprio parlamento, secondo il sistema della democrazia rappresentativa, temperato da un limitato ricorso alla democrazia diretta sotto forma di referendum, come nel modello svizzero; mentre un Consiglio riformato con l’eliminazione dell’unanimità, cioè del diritto di veto di un solo Paese, dovrebbe assumere la funzione di un Senato, un Bundesrat come quello germanico.
Soprattutto, dovranno essere radicalmente riformati i compiti dell’istituzione: l’Unione Europea dovrà assumere competenze esclusive sulla politica estera, la difesa, il commercio estero, la difesa della concorrenza sul mercato interno, come in un vero Stato federale, rinunciando invece ad ingerirsi in tutte le altre materie, come fa attualmente. A tal riguardo occorre ridefinire i compiti dell’esecutivo, cioè della Commissione, il cui più grave errore è stato quello di non difenderci dall’attacco esterno e invece di opprimerci all’interno con una legislazione che pretendeva di creare una società uniforme e perfetta guidata dai principi illuministici, sostituendo la tradizione con una astratta modernità e, cosa ancora più grave, di trasformate la morale in legge.
Moltissime leggi europee infatti riguardano principi morali e valori che ogni Paese e ogni etnia ha il diritto di conservare mentre ora vengono imposti sotto forma di leggi, dalla misura dei piselli e delle arance al comportamento verso gli animali o alle regole della privacy. Una privacy che opprime gli individui, crea situazioni insostenibili e questo mentre contemporaneamente tutti cittadini europei non vengono difesi dai grandi monopoli internazionali del web che li studiano li schedano li controllano violando, essi sì, la loro privacy e la loro libertà.
Gli attuali Stati europei hanno lingue diverse e al loro interno tradizioni culturali e morali differenti. In Spagna è in atto la secessione della Catalogna, da tempo i baschi richiedono l’autonomia, in Italia vi sono profonde differenze fra nord, centro e sud come aveva indicato Gianfranco Miglio. La nuova Europa dovrà lasciare libera non solo ogni nazione, ma ogni regione storica, consentendole di restare se stessa, di conservare la propria tradizione, la propria lingua, le proprie specificità produttive e culturali, come già avviene da tempo in Svizzera dove i cantoni hanno diverse lingue, regole diverse e sono molto uniti.
Così concepito lo Stato federale europeo costituirà una potenza con un vero parlamento, propri confini, un proprio esercito e sarà capace di ridare a ciascuno l’orgoglio di un proprio territorio, della propria tradizione e, nello stesso tempo, come superpotenza, reggere la sfida mondiale.
A tal fine un percorso fattibile deve prevedere anzitutto: 

  • Una riforma delle istituzioni comunitarie che assegni al Parlamento europeo i compiti e i poteri della Camera dei Deputati di un vero Stato federale e che preveda l’abolizione delle norme che stabiliscono il voto unanime dei Paesi per l’assunzione di molte importanti decisioni, offrendo “in cambio”, al fine di superare la naturale ritrosia dei singoli Paesi verso questa rinuncia di sovranità, iniziative che rispondano alle comuni esigenze dei singoli Paesi, ed anzitutto la difesa dei confini dell’Unione, anche attraverso la costituzione di un esercito comune e l’adozione di incisive politiche di sostegno del lavoro giovanile. 
  • L’Istituzione di un gruppo di esperti che proceda all’individuazione delle principali cause di disagio, sociale ed economico nei Paesi europei, in vista della definizione di politiche utili al superamento dei disagi individuati.
  • L’adozione di interventi in ambito economico da attuare nel più breve tempo possibile, che comprendano in particolare:
    – il rafforzamento dell’immagine e dell’azione dell’Unione in politica estera al fine di contrastare con successo le pericolose guerre dei dazi che si stanno sempre più consolidando;
    – l’eliminazione delle più evidenti disparità in campo fiscale con riferimento alla tassazione delle imprese nei diversi paesi dell’Unione e l’abolizione dei paradisi fiscali ancora presenti nei Paesi dell’Unione;
    – l’accelerazione ed effettiva implementazione del Green Deal in difesa dell’ambiente come volano per la ripartenza dell’economia europea e di un progetto fortemente aggregante in termini di consenso da parte dei movimenti giovanili che si stanno sempre più affermando;
    – l’adozione di politiche in grado di affrontare la crisi demografica dell’Unione Europea, che ha oggi la popolazione più anziana del globo, in particolare attraverso il contrasto al lavoro precario, agevolazioni in favore della natalità e politiche per la casa, che sarebbero viste con favore dai movimenti giovanili, ampliando il consenso verso l’azione dell’Unione.

Ma il problema della riforma dell’Europa va affrontato anche in chiave culturale, favorendo il sorgere di movimenti nazionalitari europeisti: i movimenti collettivi, infatti, creano un campo di solidarietà in cui ogni individuo si sente più forte con un compito, una dignità una missione.
Se infatti non si costituisce un potere europeo capace di negoziare e di trattare insieme agli altri poteri nuove regole, nuove leggi, nuovi principi di un’etica condivisa, continueranno ad espandersi i monopoli sovranazionali del web nel controllo dei gusti, dei pensieri delle scelte politiche, terrificanti manipolazioni genetiche, a cui vanno aggiunte le conseguenze per ora imprevedibili dei mutamenti climatici provocati dall’uomo
Il contributo europeo può essere importante, perché la sua tradizione , come abbiamo visto, si differenzia nettamente da tutte le altre civiltà: i regimi asiatici sono tutti di tipo autoritario o totalitario, mentre l’Occidente è sempre stato caratterizzato da organizzazioni politiche democratiche, e sempre in Europa sono nati il concetto, il pensiero razionale, la dimostrazione scientifica, la scienza sperimentale e la filosofia che hanno prodotto la straordinaria creazione politico scientifica occidentale. Gli altri popoli che l’hanno ricevuta sinora ne hanno preso solo l’aspetto tecnico, che hanno utilizzato per fini economici e di potere. Non ne hanno preso lo spirito e i valori.

Occorre dunque una nuova cultura, di cui si avvertono i primi fermenti anche nei giovanissimi, oggi impegnati soprattutto su tematiche ecologiche, ma che danno una importanza essenziale alla cultura, alla scienza, alle competenze: la creazione di una nuova élite è un compito arduo che passa attraverso un ripensamento radicale del pensiero e dell’insegnamento

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